La responsabile della Tutela Minori, Barbara Campora, usa la metafora della fiaba per raccontare il servizio.
«Credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire ad educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi». (G. Rodari)
È al recupero delle competenze genitoriali che punta la Tutela minori, il servizio rivolto al sostegno e alla cura della famiglia e dei minori stessi. E per farlo Barbara Campora, la responsabile del servizio per Azienda So. Le, ha scelto di puntare sulla trasformazione e la ricerca di una armonia che si può ritrovare nella fiaba. Una scelta strategica assunta d’intesa con il direttore dell’Azienda Consortile, Fabio Clerici, nel momento dell’entrata in servizio, nel maggio 2018.
«Abbiamo concordato sulla necessità di agire in un’ottica di riforma del servizio di tutela introducendo prassi utili al recupero del disagio e della marginalità dei minori e sostenere le famiglie portatrici di sofferenza – ricorda Campora. E per questo mi sono ispirata a un universo che mi è caro e di cui, come psicologa e psicoterapeuta, mi sono occupata, quello della fiaba, qui utilizzata come tecnica di “trasformazione” nei sistemi disfunzionali».
Fermo restando che un servizio come quello della Tutela Minori lavori su mandato dell’Autorità Giudiziaria, che è il riferimento per gli aspetti normativi, il punto nodale è l’approccio usato dall’equipe tutela (assistenti sociali, pedagogisti, psicologi e psicoterapeuti) che non si pone in un’ottica puramente burocratica di collocamento del minore in una struttura comunitaria, ma che si adopera con la famiglia per il ripristino delle condizioni che rendano possibile un ricongiungimento, laddove fattibile, del figlio con la sua famiglia.
«La fiaba come metafora di un processo trasformativo trae origine dallo studio della struttura narrativa del genere –prosegue Campora–; argomento di cui si sono occupati un linguista e antropologo come Vladimir Propp e tre fra i massimi psicoanalisti del ‘900, Freud, Jung e Bettelheim. La fiaba si struttura, esattamente come la maggior parte delle sinfonie, in quattro movimenti. Si parte da uno stato di serena tranquillità in cui si evidenzia però un elemento mancante, spesso una figura che dovrà essere integrata nello svolgimento della vicenda. Segue l’insorgere del problema, che mette in crisi l’apparente equilibrio e che, per il percorso di presa in carico da parte del servizio di Tutela, corrisponde al momento in cui nella famiglia del minore si evidenzia una disfunzionalità. La terza fase corrisponde alla peripezia, ossia al cammino del protagonista che, grazie ad aiuti esterni e alla sua motivazione, si attiva per riconquistare l’equilibrio e risolvere il problema. Questa fase, che segna la svolta nella fiaba, come nel percorso di tutela, è fondamentale: è in questo momento che il minore e la sua famiglia devono provare fiducia negli strumenti/ausili offerti e da questi trarre aiuto per il recupero. D’altro canto il Servizio Tutela Minori si sente ingaggiato a sostenere le potenzialità dell’utente e ad affrontare la situazione con la massima trasparenza, anche in relazione alle aspettative di miglioramento dell’utenza. L’ultima fase, la lisi o scioglimento, è la conclusione del percorso intrapreso e corrisponde al ripristino della situazione messa in crisi dall’insorgere del problema, il che per il nucleo familiare significa un miglioramento in termini di consapevolezza e l’acquisizione della capacità di attivare autorisorse che lo renderanno in futuro meno fragile e meno dipendente dal contesto che lo circonda».
Non sfugge che, esattamente come nelle fiabe, gli elementi “problema” possano ripresentarsi in futuro. Dopotutto nessuno è immerso in un sistema statico, uguale a se stesso una volta per sempre. Il percorso di recupero e la presa in carico da parte del servizio punta anche a fornire alla famiglia le capacità per aiutarsi da sé in futuro; un’ideale cassetta degli attrezzi per l’autopromozione e la risoluzione di eventuali futuri momenti di crisi.
«Il percorso degli utenti della Tutela, così come quello dei personaggi delle fiabe, avviene nel segno di una crescente consapevolezza. All’inizio della vicenda le cose vanno bene, ma senza saperne il motivo. Allo stesso modo, quando la situazione peggiora, il motivo spesso resta ignoto. È la comprensione del disagio, la presa d’atto della fragilità, rese possibili anche dagli aiuti esterni, e il loro successivo superamento a permettere di riacquistare l’equilibrio, questa volta però nella consapevolezza che di una conquista si tratti. Il rischio che vogliamo evitare è che il sistema posto davanti a una situazione la consideri irrecuperabile –conclude Campora. In quel caso si piomba in un assistenzialismo che ingloba l’utente e rischia di impedirne ogni trasformazione. Per questo Azienda So.le ha investito sulla preparazione della nostra equipe arricchendola di figure professionali diverse, dall’assistente sociale alla psicologa, dal pedagogista al legale, creando sinergie con altri suoi servizi e collaborando in un’ottica di rete per trovare una linea condivisa nella progettazione degli interventi con i Comuni.
Non ci vergogniamo, ma crediamo nelle fiabe!».
Bibliografia
Bettelheim B., Il mondo incantato, Feltrinelli, 1997
Franz M. L. von, Le fiabe interpretate, Bollati Boringhieri, 1980
Propp V., Morfologia della fiaba, Einaudi editore, 1988