/ Aprile 10, 2019

Barbara Giussani

Barbara Giussani, coordinatrice dell’asilo di Dairago, spiega i principi e le applicazioni della pedagogia relazionale

L’apprendimento cognitivo, emotivo e affettivo di un bambino e il suo benessere sono favoriti da relazioni affettive connotate da empatia e accoglienza. È l’assunto da cui muove la pedagogia relazionale, una delle due modalità di intervento adottate nei nidi gestiti da Azienda So.Le. (l’altra è il “Feuerstein”) che trova applicazione nell’asilo comunale “Abracadabra” di Dairago.  Applicazione, va detto, a tutte le relazioni che si instaurano nelle dinamiche educative e che interessano tutti i soggetti; educatori, bambini, famiglie e, naturalmente, la coordinatrice pedagogica del nido, Barbara Giussani, la figura che verifica e monitora che i principi del progetto pedagogico siano declinati operativamente nella quotidianità del servizio.

«Secondo questo orientamento pedagogico non si ha un apprendimento significativo nel bambino in assenza di una relazione significativa con il bambino stesso –spiega Giussani. Tutte le relazioni che si instaurano nel nido sono importanti e incidono sul processo di apprendimento e crescita del bambino. È chiaro, però, che quella con l’educatore assume un rilievo particolare e finirà per connotare le altre. Il bambino, dopotutto, si specchia negli occhi dell’adulto; è da lì che partono le relazioni con gli altri bambini e la condivisione di quei “momenti di cura” che ritmano la vita di un nido; il pranzo, il cambio, il riposo. Ma dobbiamo ricordare anche che il bambino al nido non porta soltanto se stesso; bambini tanto piccoli, infatti, sono il riassunto delle relazioni che intrattengono, quindi principalmente delle relazioni all’interno della loro famiglia».

Basarsi sulla relazione non significa, in altre parole, esaurire il compito educativo nelle mura del nido, ma considerare la provenienza del bambino, quindi relazionarsi con la sua famiglia.

«La relazione con le famiglie è fondamentale per la riuscita dell’intervento pedagogico –prosegue Giussani– l’inserimento nel nido non va a buon fine quando i genitori mostrano di non aver fiducia. Noi non diamo mai per scontata la relazione con la famiglia, che sappiamo essere da costruire e mantenere nel tempo; siamo perfettamente consapevoli che le famiglie ci mettono alla prova. Per questo, al termine del periodo di ambientamento, è stato organizzato un momento di incontro fra educatori e mamme: la restituzione dell’esperienza da ambo le parti è stata fondamentale per comprenderci ed entrare in sintonia».

Da qui una particolarità della pedagogia relazionale: la famiglia è parte attiva del processo educativo che si svolge nel nido e concorre alla definizione del servizio. È il servizio che si adatta alle famiglie che incontra e ai bisogni che queste esprimono. Un buon nido diventa quindi un nido la cui storia si costruisce con le storie delle famiglie che l’hanno attraversato in un’ottica di cambiamento reciproco che è condizione imprescindibile per la crescita. In caso contrario il servizio sarebbe standardizzato e resterebbe sempre uguale a se stesso. Questo non significa derogare alle regole, ma avere la consapevolezza che le regole debbano essere sempre funzionali alla miglior convivenza del singolo all’interno di un contesto. Ogni regola va pensata in funzione della situazione concreta che si ha davanti ed è sempre finalizzata a privilegiare il livello relazionale rispetto a tutti gli altri.

La relazione nido-famiglia è immediatamente evidente entrando nell’Abracadabra: le foto di tutti i genitori riempiono i cartelloni applicati ai muri, che è un modo per familiarizzare il nido, esattamente come succede per gli adulti che personalizzano la scrivania dell’ufficio con gli scatti dei figli o della famiglia intera.

«Con i genitori, oltre ai normali colloqui, si parla dei bambini attraverso un libretto che gli educatori compilano annotando gli eventi salienti della settimana vissuti dal piccolo –riferisce Giussani. Il libretto è consegnato ai genitori il venerdì perché possa essere restituito il lunedì successivo con una descrizione del fine settimana vissuto dal figlio. Ma promuoviamo altri momenti di condivisione per aumentare la presenza delle famiglie, dalle merende condivise alle feste di Natale e fine anno. Nel mese di aprile abbiamo in programma una gita e recentemente abbiamo invitato i genitori alla presentazione dei progetti tematici per le due fasce d’età dei bambini presenti al nido. Abbiamo mostrato il materiale di cui si serviranno i bambini ed stata un’occasione di confronto, perché è nostra intenzione documentare l’andamento di questi progetti e fornire la documentazione alle famiglie in modo che condividano anche a casa, con i figli stessi, quanto fatto al nido. Ma oltre a relazionarci con le famiglie proviamo anche a creare le condizioni perché le famiglie entrino in relazione fra loro, nella consapevolezza che la formazione di un gruppo di genitori possa contribuire a uno scambio di esperienze proficuo fra loro e a incentivare meccanismi di aiuto reciproco».

Il quadro delle relazioni si completa con quella fra la coordinatrice e gli educatori, fondamentale per creare l’indispensabile clima di fiducia nell’equipe educativa e per favorirne quella crescita professionale di cui beneficerà l’utenza, e fra i bambini, stimolati dagli educatori a sviluppare le cosiddette relazioni pro sociali, ossia quei comportamenti diretti a portare benefici all’altro. E se è vero che le relazioni sociali sono alla base del processo evolutivo e psicologico del bambino e del suo benessere emotivo, è a un nido come quello di Dairago che si muovono i primi passi di questo lungo cammino.

Share this Post